Senza la scoperta dell’agricoltura, la civilta’ umana sarebbe ancora ferma allo stadio di caccia, pesca, raccolta.
I nostri antenati che vivevano di quello che la natura offriva, erano costantemente impegnati nella ricerca di cibo, in un’ambiente incontaminato, affascinante e misterioso, Denso di sfide e di pericoli, che generava una vita forse corta, paragonata a quella dei tempi nostri, ma indubbiamente intensa.
Questa vita in sintonia con la natura, e’ gradualmente cambianta dal momento in cui l’uomo ha scoperto che certe piante e certi anmali si potevano coltivare e addomesticare per trarne cibo, indumenti, e attrezzi utili. Questo processo e’ cominciato nell’8000 a.C. circa nella cosidetta “Mezzaluna fertile”. Questa zona geografica, comprendente le zone attorno ai fiumi Tigri, Eufrate e Giordano, avevano una combinazione di situazioni favorevoli in modo da rendere possibile la nascita di quella che e’ definita la culla della civilta’umana.
La Mezzaluna fertile
In questa zona si trovava una concentrazione formidabile di piante e animali selvatici adatti alla domesticazione. Il moderno frumento deriva dall’einkorn, cereale selvatico che cresceva nella mezzaluna fertile, cosi come il farro, i ceci, le lenticchie, l’orzo, i piselli, il lino. In quest’area geografica, certamente a quel tempo piu’ rigogliosa di adesso, pascolavano le pecore selvatiche, capre, i progenitoro dei maiali e naturalmente quell’animale maestoso, purtroppo estinto, che si chimava Uro, il padre delle nostre mucche.
Uro
L’agricoltura ha permesso alle civilta’ antiche la produzione di cibo su grossa scala, favorendo l’instaurazione di una classe di persone che invece di spendere tutto il tempo nella ricerca o produzione di cibo, si e’ potuta dedicare allo studio.
Questa classe di studiosi, ha dato un’enorme impulso allo sviluppo della civilta’.
Ma senza il duro lavoro di contadini, fabbricatori di utensili e tutte le persone che durante i secoli hanno tradotto in fatti le teorie degli studiosi; non si sarebbe raggiunto l’attuale livello di welfare. Pero’, il lavoro nei campi non da’ la possibilita’ e il tempo di scrivere libri o manuscritti, cosicche’ nei libri di storia si tende a dare il merito a quella classe di privilegiati che hanno lasciato qualche manuscritto, dimenticando il sudore del povero contadino.
Lavoro nei campi
La maggior parte delle persone era un tempo non molto lontano contadina, , ma con la rivoluzione industriale e’ si e’ assistiti ad un cambiamento radicale. Attratti dalla citta’, e dal lavoro in fabbrica, molti lavoratori dei campi, per lo piu’ giovani, hanno mollato la zappa e la falce sostituendola con il martello e il cacciavite. Di conseguenza, il lavoro che prima veniva svolto manualmente, o con l’aiuto di animali da traino, e’ stato gradualmente assorbito dalla macchina.
Il grafico mostra come in Olanda, a partire dagli anni 50, il trattore ( linea blu) abbia superato in numero il cavallo (linea verde) nei lavori agricoli.
Al giorno d’oggi, nei paesi sviluppati, il contadino e’ diventato un’autista a tempo pieno, il trattore svolge quasi tutti i lavori nei campi allegerendo di non poco il lavoro fisico dell’operatore agricolo. Ma la meccanizzazione estrema ha portato alla razionalizzazione dei terreni, eliminando rive e abbassando il livello dell’ acqua soterranea. Il paesaggio agricolo dei nostri nonni, con fossi pieni d’acqua, rive alberate e boschetti ha lasciato il posto a campi immensi e calvi, dove il trattore da 200 cavalli puo’ svolgere il suo lavoro senza ostacoli.
Popolazione di uccelli di campagna
E’ chiaro che questa intensificazione dell’ agricoltura porta alla distruzione di quell’ ambiente agrario dei nostri padri, dove I lavori nei campi si facevano con l’ uso della forza muscolare, umana e animale. E le giornate nei campi erano accompagnate dal concerto di usignoli, ortolani, quaglie e starne.